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LA DONNA DI MANEGGIO | 239 |
scrivere a don Alessandro. Può essere ch’egli venga da me, e che glielo possa dare colle mie mani.
Aurelia. Io non so come concepirlo.
Giulia. Se vi contentate, ve lo detterò io.
Aurelia. Sì, mi lascierò regolare da voi.
Giulia. Andiamo. (partono)
SCENA XII.
Camera di don Properzio.
Don Properzio ed Orazio.
Properzio. Proverò; vedrò quel che sapete fare, e a misura di quello che saprete fare, vi darò il salario.
Orazio. Come comanda V. S. illustrissima.
Properzio. Per oggi vi darà l’animo di cucinare?
Orazio. Per obbedirla.
Properzio. E di preparare la tavola?
Orazio. Per obbedirla.
Properzio. E ricevere qualche imbasciata?
Orazio. Per obbedirla.
Properzio. (Se costui fosse buono per tutto questo, mi risparmierebbe tre o quattro salari almeno). Andate subito in cucina; troverete la spesa fatta. Troverete un pollastro. Siamo in due; un pollastro in due non si mangia, ed io nel mangiare son delicato, e non voglio roba rifatta. Tagliate a mezzo il pollastro, e cucinatene mezzo oggi, mezzo domani. Troverete dell’erbucce; fatemi con esse una buona zuppa; co’ rottami del pollastro fate un intingolo, e di due fette di fegato che ci sono, dividetene una in due, e cucinatela per arrosto. Avete capito?
Orazio. Per obbedirla.
Properzio. Andate.
Orazio. Perdoni. E per me, che cosa ci resta?
Properzio. Voi non dovete entrar colla mia cucina. Alla servitù do danari.