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LA DONNA DI MANEGGIO | 219 |
Alessandro. Oh chiaro intelletto! oh perspicacissima mente! Giunse la vostra penetrazione là dove la verecondia custodiva l’arcano.
Giulia. E chi è quest’idolo che v’innamora?
Alessandro. Aimè, dirlo non posso senza intenerirmi; ma la speranza mi anima, ed il dover mi costrigne. L’idolo de’ miei pensieri, la fiamma di questo seno, è collocata nei bellissimi occhi di donna Aurelia.
Giulia. (Mi farebbe ridere a mio dispetto). Ed ella vi corrisponde?
Alessandro. Oh dolcissimo mio tesoro! langue, muore, si dilegua per amor mio.
Giulia. E che pensate di fare?
Alessandro. O morte, o nozze. O Aurelia, o morire.
Giulia. Ed io vi dico: o morte, o Aspasia; o Aspasia, o crepare.
Alessandro. No, madama. (con tenerezza)
Giulia. Sì, monsieur. (caricandolo)
Alessandro. Per carità. (come sopra)
Giulia. Per giustizia. (come sopra)
Alessandro. Compatitemi.
Giulia. Non vi è rimedio.
Alessandro. Eccomi a’ vostri piedi. (s’inginocchia)
Giulia. Eh! alzatevi. (risoluta)
SCENA XI.
Don Properzio in disparte, e detti.
Properzio. (Che cos’è quest’imbroglio?) (vedendo don Alessandro in ginocchio.)
Giulia. Alzatevi, dico.
Alessandro. Movetevi a pietà di un amante. (alzandosi)
Properzio. (Amante?)
Giulia. Mi trovereste fors’anche disposta a compiacervi, se non vi andasse dell’onor mio.
Properzio. (L’onor suo? E il mio non lo conta per niente?)
Alessandro. Ah! sì, trovate voi il modo di consolar le mie fiamme, e di porre in salvo il decoro.