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212 ATTO PRIMO

Lisetta. Mi può intendere senza ch’io parli.

Giulia. Non vuoi desistere?

Lisetta. Io non nomino alcuno.

Giulia. Ma ti capisco.

Lisetta. È segno dunque ch’io do nel vero.

Giulia. Ma il vero sempre non si ha da dire.

Lisetta. Io non lo dico.

Giulia. Ma lo pensi.

Lisetta. Il pensiere non si può impedire.

Giulia. Orsù, acchetati, e va a vedere se il signor don Properzio si è servito del segretario, e se può venire da me.

Lisetta. Chi?

Giulia. Il segretario.

Lisetta. Voleva dire io, che avesse volontà di una seccatura.

Giulia. Lisetta, meno lingua, e più giudizio.

Lisetta. (Di lingua so che sto bene, di giudizio poi così e così). (parte)

SCENA VIII.

Donna Giulia, poi Lisetta.

Giulia. Posso far quant’io voglio per coprire i difetti di don Properzio, sono troppo visibili a tutto il mondo, e quantunque usi per me medesima ogni cautela per tollerarli, qualche volta scappami la pazienza, e non ho valore per superarmi.

Lisetta. La signora donna Aspasia manda l’imbasciata per esser qui a riverirla. Ci vuol essere, o non ci vuol essere?

Giulia. Fatele dir che è padrona.

Lisetta. Vuol riceverla qui?

Giulia. Sì, la riceverò qui. Ella vien per affari, e non mi vo’ prendere soggezione.

Lisetta. Anche questa signora ha un bel carattere stravagante.

Giulia. Sì, non dici male.

Lisetta. E il signor don Alessandro non burla. Se si sposano insieme, formeranno una bella coppia. (parte)