Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1914, XVIII.djvu/223


LA DONNA DI MANEGGIO 211

Properzio. Una polizza? Per me una polizza? Il sarto ha portato per me una polizza? Sono cinqu’anni che non ispendo un baiocco in vestiti, e il sarto mi porta una polizza? (alterato, e si alza)

Pasquale. Perdoni. È il sarto da donna, per fatture per la signora.

Properzio. Che c’entro io colla signora? Chi ha ordinato, paghi; chi ha comandato, soddisfaccia; chi è bestia, suo danno, lo le do dieci scudi il mese. Altri cinque ne ha per un legato del padre. Ha più di me, sta meglio di me, e vorrebbe che io supplissi ai di lei capricci, alle di lei vanità? Date qui quella polizza. Sette scudi? Sette scudi in fattura? Io con sette scudi mi faccio un abito, e pretenderebbe che io li pagassi? Dov’è la signora? Donna Giulia dov’è? Vo’ che mi senta; vo’ che m’intenda; vo’ che le passi la voglia di mandare i sarti da me. (in atto di partire)

Fabrizio. La lettera...

Properzio. Aspettatemi. (a Fabrizio)

Orazio. Signore... (a don Properzio)

Properzio. Non mi seccate. (ad Orazio)

Pasquale. La cioccolata... (a don Properzio)

Properzio. Il diavolo che vi porti. (parte)

Pasquale. (Non ci starei, se mi pagasse il doppio). (parte)

Fabrizio. (Sarei ben stolido, se l’aspettassi). (partendo)

Orazio. Signore... (a Fabrizio)

Fabrizio. Che cosa volete?

Orazio. Mi raccomando a lei.

Fabrizio. Non so che farle; per obbedirla. (parte)

Orazio. Maledettissimo, per istirparla. (parte)

SCENA VII.

Altra camera.

Donna Giulia e Lisetta.

Giulia. Sì, per oggi vo’ trattenermi in quest’appartamento terreno.

Lisetta. Fa benissimo. Così sarà più lontana dalle seccature.

Giulia. Da quai seccature?