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200 | ATTO PRIMO |
Giulia. Mi preme tanto l’affare di questa lettera, che ne voglio prima l’abbozzo, non solo per ridurla a quel punto che io desidero, ma per conservarne presso di me la memoria.
Fabrizio. Ella sarà servita, come comanda.
Giulia. È necessario ch’io v’informi del fatto, perchè possiate capire la mia intenzione. Voi conoscerete don Alessandro.
Fabrizio. Sì, signora. Non è quegli che dee maritarsi con donna Aspasia?
Giulia. Sì, è desso, che mi vuol mettere nel maggior imbarazzo del mondo. Ho maneggiato io quest’affare, e dopo infinite difficoltà ho condotto a buon termine il maritaggio. Ora questo giovane cavaliere trova ogni dì de’ pretesti nuovi per dilazionare i sponsali. Veggio in lui un raffreddamento sensibile, e non trovando nelle sue parole di che compromettermi con sicurezza, voglio scrivere a don Sigismondo suo padre, protestandogli che non soffrirò in verun modo veder esposta la dama e me medesima ad un insulto. Questo dev’essere il sentimento della lettera, e siccome in una materia sì delicata devonsi misurare i termini, per non eccedere e non mancare; così, com’io diceva, me ne farete la mala copia.
Fabrizio. Sarà obbedita. (si pone a scrivere)
Giulia. (Fabrizio ha del talento, è molto a proposito per gli affari miei, tuttavolta non lascierò di privarmene, se avrò l’incontro di poter fare la sua fortuna). (da sè)
SCENA II.
Lisetta e detti.
Lisetta. Signora, un giovane forestiere ha una lettera da presentarle.
Giulia. Che persona è?
Lisetta. Non mi pare di condizione.
Giulia. Fatti consegnare la lettera, e digli che si trattenga.
Lisetta. Sarà servita. (in atto di partire)
Giulia. Don Properzio è in casa? (a Lisetta)