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LA DONNA DI MANEGGIO 199

Giulia. No, no, la penna ed il temperino possono di quel secondo Signore formar Padrone. Parmi che la fatica v’incresca, e non vorrei che mi diceste sofistica, con quella facilità con cui l’avete detto al padrone. (sottoscrive)

Fabrizio. (Ha saputo trovar il tempo per rimproverarmi. Donna Giulia è una dama di spirito. La servo assai volentieri; ma con suo marito non si può vivere).

Giulia. Rispondete a quest’altra lettera. Il barone di Sciarnechoff mi scrive, come vedrete, che la Corte di Peterburgh ha bisogno di un poeta drammatico, e siccome l’ho io servito in altre occazioni di sua premura, mi fa la finezza in quest’incontro di riportarsi a me nella scelta. Scrivetegli ch’io lo ringrazio, che cercherò di servir la Corte e le di lui premure nel miglior modo, e che quanto prima ne avrà sicuro riscontro.

Fabrizio. Perdoni. Crede ella che potessi io esser degno di tal impiego?

Giulia. Io non ho mai saputo che voi siate poeta.

Fabrizio. Ho qualche diletto per la poesia.

Giulia. Drammi ne avete fatti?

Fabrizio. Per dire il vero, non mi sono in ciò esercitato. Ma con un poco di lettura ed un poco di studio, credo non sia difficile poter riuscire in un paese dove non vi può essere tutta la delicatezza italiana.

Giulia. No, no; vi consiglio di abbandonare questo pensiero. Se avete piacere di essere impiegato ad una Corte, cercherò di procurarvi qualche occasione più adattata all’abilità vostra. La Corte di Moscovia è assai colta per distinguere i buoni ed i cattivi poeti, e noi dobbiamo cercare di mantenere presso degli esteri la riputazione del nostro paese, e non mandar persone che ci facciano scomparire.

Fabrizio. Dice benissimo, signora. Confesso il mio torto, e mi raccomando alla di lei protezione.

Giulia. Prima per altro che rispondiate a questa lettera, s’ha da rispondere ad un’altra, che mi mette in maggior pensiere.

Fabrizio. Procurerò di farlo colla maggior attenzione.