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frequentano. La vastità di Parigi, le quotidiane mie occupazioni mi privano di questo bene, ma leggo le vostre opere, non solo per ammirarle, ma per istudiarvi sopra, ed apprendere. Non crediate ch’io voglia farvi la corte; parlo sinceramente con tutti, e voi non siete fatta per soffrire le adulazioni. Trovo nelle vostre opere quelle verità e quella facilità che m’incanta, e che è la sola ch’io vorrei saper imitare.

La Commedia che io vi dedico, ha per titolo La Donna di Maneggio. Voi intendete la nostra lingua perfettamente: sapete che Donna di maneggio vuol dire: una Dama di autorità, che ha delle conoscenze e delle buone amicizie, e fa valere il suo credito, per ottener delle grazie in favore delle persone ch’ella ama o protegge, ed è in caso di rendere il cambio a chi la stima e la favorisce. Non vorrei, che riconoscendo voi stessa in questo ritratto, malgrado la vostra modestia, v’immaginaste ch’io avessi avuto intenzione di lavorar la Commedia sopra di voi. Quand’io l’ho data al Teatro, non avea l’onor di conoscervi che per fama1, e se ora dovessi trattare un tale argomento, e avessi in animo di arricchirlo coll’immagine di un original come il vostro, o avrei disperato di potervi riuscire, o l’avrei con altri colori più vivi e più brillanti adornato. La mia Donna di Maneggio è un quadro, e non è un ritratto. Trovo che voi l’assomigliate nella grandezza dell’animo, nella bontà di cuore, nella nobiltà de’ pensieri, e per questa parte la credo degna di essere da voi protetta. Ve la offerisco dunque umilmente, e vi prego di accoglierla con quella umanissima cortesia, colla quale vi degnate di trattar l’Autore, che a voi s’inchina, e si protesta pieno di ammirazione e rispetto.

Madama,

Vostro Devotiss. Obbligatiss. Servitore
Carlo Goldoni.


  1. L’aveva tuttavia veduta tre anni prima nella casa del Farsetti.