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UN CURIOSO ACCIDENTE 169

Guascogna. Signore, non vi abbandonate alla disperazione. Finalmente il mio padrone è persona onesta, è persona nobile.

Filiberto. Ha rovinato mia figlia, ha precipitate le mie speranze.

Marianna. Voi avete il modo di dargli stato.

Filiberto. E avrei da gettare il mio in cotal modo?

Guascogna. Perdonatemi, signore, con quelle stesse ragioni, con cui volevate convincere monsieur Riccardo, procurate di persuader voi medesimo.

Filiberto. Ah maladetto! tu mi rimproven con malizia, (a Guascogna)

Marianna. Parla bene Guascogna, e voi non l’avete da rimproverare. (a Filiberto, con caldo)

Filiberto. Sì, insultami, disgraziata.

Marianna. Vi compatisco, perchè la bile vi accieca.

Guascogna. Rimproverate a voi stesso il frutto di un cattivo consiglio.

Filiberto. Perchè ingannarmi? Perchè farmi credere che gli amori dell’uffiziale tendessero a madamigella Costanza?

Guascogna. Perchè amore è ingegnoso, e insegna agli amanti celar le fiamme, e procurare la propria felicità.

Filiberto. E se Riccardo aderiva alle nozze della figliuola, qual figura doveva io fare in un tal maneggio?

Guascogna. Il padrone vi ha mai pregato di farlo?

Filiberto. No, ma ha acconsentito ch’io lo facessi.

Guascogna. Dite piuttosto, che voi non l’avete capito.

Filiberto. In somma mi hanno tradito, mi hanno ingannato. Mia figlia è una perfida. Il tenente è uno scellerato.

Guascogna. Parlate meglio, signore, di un uffiziale.

Marianna. Badate bene, che i militari sono avvezzi a tenere la spada in mano.

Filiberto. Oh la sarebbe bella, che per giunta mi avesse ancor da ammazzare!

Guascogna. Il mio padrone non ha sì barbari sentimenti. Verrà a domandarvi perdono.

Filiberto. Non lo voglio vedere.

Guascogna. Verrà per lui vostra figlia.