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166 ATTO TERZO

Marianna. Orsù, per farvi vedere che non sono sciocca, m’accuserò d’una mancanza commessa per curiosità. Sono stata dietro la portiera a udir parlare monsieur de la Cotterie colla mia padrona, ed ho sentito che si è stabilito di far le nozze segretissime, e che voi avete sborsato cinquecento ghinee a conto di dote.

Filiberto. A conto di dote? (rìdendo)

Marianna. Io credo a conto di dote. Le ghinee le ho vedute con questi occhi.

Filiberto. Sì, sciocca, e poi sciocca, e tre volte sciocca.

Marianna. (Mi fa un veleno, che lo ammazzerei colle mie proprie mani).

Filippetto. (Il tenente per altro si è condotto assai male. Non doveva parlare di ciò con mia figlia, e molto meno col pericolo d’esser sentito).

Marianna. Se volete celarmi il fatto, temendo che da me si sappia, fate torto alla mia onestà.

Filiberto. Bell’onestà! andar di soppiatto ad ascoltar gli altrui fatti! e poi intender male, e poi dire delle sciocchezze!

Marianna. È vero, non doveva ascoltare; ma circa all’intendere, io so che ho inteso la verità.

Filiberto. Tu vuoi trarmi di bocca, o di mano, qualche cosa che ti dispiaccia.

Marianna. Oh cospettonaccio! dove è andata poco fa la padrona?

Filiberto. Dove è andata?

Marianna. Non è andata con monsieur de la Cotterie?

Filiberto. Dove?

Marianna. Intesi dire, che andavano da madama Geltruda.

Filiberto. Da mia sorella?

Marianna. Per l’appunto.

Filiberto. Ci sarà andata Giannina, non il tenente.

Marianna. Io so che sono sortiti insieme.

Filiberto. Il tenente l’avrà accompagnata. Mia sorella sta poco lungi dal luogo dove egli doveva andare. Mia figlia avrà