Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1914, XVIII.djvu/169


UN CURIOSO ACCIDENTE 159

Filiberto. E che pensereste di fare?

Cotterie. Andarmene di qua lontano, e sagrificare gli affetti miei all’onestà, al dovere ed alla quiete comune.

Filiberto. Ed avreste cuore di abbandonare una fanciulla che vi ama? Di lasciarla in preda alla disperazione, per attendere quanto prima la trista nuova della sua infermità, o della sua morte?

Cotterie. Ah! monsieur Filiberto, voi mi uccidete, così parlando. Se conosceste il peso di queste vostre parole, vi guardereste bene dal pronunciarle.

Filiberto. Le mie parole tendono al vostro bene, alla vostra pace, alla vostra felicità.

Cotterie. Ah! no, dite piuttosto alla mia confusione, alla perdita della mia vita.

Filiberto. Mi maraviglio, che un uomo di spirito come voi, sia così poco capace di darsi animo.

Cotterie. Se sapeste il mio caso, non parlereste così.

Filiberto. Lo so benissimo; ma io non lo prendo per disperato. La fanciulla vi ama, voi l’amate teneramente. Sarebbe questo il primo matrimonio, che stabilito si fosse fra due giovani onesti, senza il consenso del padre?

Cotterie. Approvereste voi ch’io sposassi la figlia, senza il consentimento del genitore?

Filiberto. Sì, nel caso in cui siamo, esaminando le circostanze, l’approverei. Se il padre è ricco, voi siete nobile; voi onorate la sua famiglia colla nobiltà, egli accomoda gl’interessi vostri colla sua dote.

Cotterie. Ma! signore, come potrei io sperare la dote, sposandola in cotal modo? Il padre irritato negherà di darle verun soccorso.

Filiberto. Quando è fatta, è fatta. Egli non ha che un’unica figlia. Gli durerà la collera qualche giorno, e poi farà ancor egli come hanno fatto tanti altri. Vi accetterà per genero, e forse forse vi farà padrone di casa.

Cotterie. Tutto questo potrei sperare?