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156 | ATTO SECONDO |
Riccardo. Hanno avuto cuore eglino di usurparci il dritto delle finanze? Vorrei che di costoro ne capitassero soventemente. Non sapete voi, che i contrabbandi arrestati ci pagano le male spese?
Filiberto. (Oh il brutto mestiere!)
Riccardo. Ditemi quel che mi avete da dire.
Filiberto. Monsieur Riccardo, voi avete una figliuola da marito?
Riccardo. Così non l’avessi.
Filiberto. V’incomoda il tenerla in casa?
Riccardo. No; m’incomoda il dover pensare alla dote.
Filiberto. (Cattivo principio). Pure, s’ella il desidera, vi sarà indispensabile il collocarla.
Riccardo. Lo farò, se sarò costretto a doverlo fare, ma con una di queste due condizioni: senza dote, se maritasi a modo suo; buona dote, se maritasi a modo mio.
Filiberto. Avrei una proposizione da farvi.
Riccardo. L’ascolterò, ma sbrigatevi.
Filiberto. Conoscete voi quell’uffiziale francese che è ospite in casa mia?
Riccardo. Me lo proponeste voi per mia figlia?
Filiberto. Se ve lo proponessi, ci avreste delle difficoltà?
Riccardo. Uffiziale, e francese? Nè con dote, nè senza dote.
Filiberto. Avete voi dell’avversione ai Francesi ed ai militari?
Riccardo. Sì, agli uni e agli altri egualmente. Molto peggio, se l’uno e l’altro sia la stessa persona. Abborrisco i Francesi, perchè non sono amici del traffico e della fatica come siamo noi: non pensano che alle cene, agli spettacoli, ai passeggi. Dei militari poi ho ragione di essere malcontento. So il danno che mi hanno recato le truppe: pretendono che noi finanzieri siamo obbligati a mantenere i loro fanti e i loro cavalli; e quando sono a quartiere, darebbero fondo ad un arsenale di monete.
Filiberto. Il francese, l’uffiziale di cui vi parlo, è onest’uomo: non ha difetti, e poi è di sangue nobile.
Riccardo. È ricco?