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152 ATTO SECONDO

Giannina. Fatelo, se avete cuore di farlo.

Cotterie. O volete che si manifesti l’inganno?

Giannina. Sarebbe un’azione indegna l’espor me al rossore di una menzogna.

Cotterie. Suggerite voi qualche cosa.

Giannina. Quello ch’io posso dirvi, è questo. Allontanarvi, no certo. Sposarvi a Costanza, nemmeno. Scoprir l’inganno, mai certamente. Pensate voi a salvare l’amore, la riputazione e la convenienza. (parte)

Cotterie. Ottimi suggerimenti, che mi aprono la via a ripararmi! Fra tanti no, qual sì mi resta da meditare? Ah cieli! non restami che una fatale disperazione. (parte)

SCENA VI.

Altra camera.

Monsieur Filiberto, poi Marianna.

Filiberto. Non crederei che monsieur Riccardo negasse di venire da me. Sa chi sono, e sa che non sarebbe di suo interesse il disgustare uno che gli può fare del bene, e gli potrebbe fare del male. Si ricorderà ch’io gli ho prestati dieci mila fiorini, quando è entrato nelle Finanze. Benchè costoro i benefici se li scordano facilmente, e quando non hanno più di bisogno, non guardano in faccia nè a parenti, nè a amici.

Marianna. Signor padrone, se non vi reco disturbo, vi vorrei parlar d’una cosa.

Filiberto. Sì, ora non ho niente che fare.

Marianna. Vorrei parlarvi di un affare mio.

Filiberto. Ma sbrigati, perchè aspetto gente.

Marianna. In due parole mi spiccio. Signore, con vostra buona licenza, io vonei maritarmi.

Filiberto. Maritati, che buon pro ti faccia.

Marianna. Ma, signore, non basta. Sono una povera figlia, sono dieci anni che servo in questa casa, con quell’amore e fe-