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UN CURIOSO ACCIDENTE 149

Filiberto. Che vuol dire, che mi parete agitato? (a Cotterie)

Giannina. L’eccesso della consolazione. (a Filiberto)

Filiberto. E in voi che effetto fa la speranza? (a madamigella Costanza).

Costanza. È combattuta da più timori.

Filiberto. Riposate sopra di me. intanto contentatevi di qui rimanere, e siccome non può sapersi l’ora precisa in cui verrà vostro padre, restate a pranzo con noi. (a madamigella Costanza)

Giannina. Non ci può restare, signore. (a Filiberto)

Filiberto. E perchè?

Giannina. Perchè ha promesso ad una sua zia di essere a pranzar seco stamane.

Costanza. (Capisco che non vorrebbe ch’io ci restassi).

Filiberto. Questa zia che vi aspetta, è la sorella di vostro padre? (a madamigella Costanza)

Costanza. Per l’appunto.

Filiberto. La conosco, è mia padrona ed amica. Lasciate la cura a me, che manderò con essa a disimpegnarvi, e quando non venisse monsieur Riccardo da noi prima del mezzogiorno, farò sapere a lui stesso che siete qui, e non vi sarà che dir con nessuno.

Costanza. Son grata alle cordiali esibizioni di monsieur Filiberto. Permettetemi ch’io vada per un momento a visitare la zia, che non istà molto ben di salute, e poi ritorno subito a profittare delle grazie vostre.

Filiberto. Brava; tornate presto.

Cotterie. (Come mai mi riuscirà di trarmi dal laberinto?)

Costanza. Permettetemi. A buon rivederci fra poco.

Giannina. Servitevi pure. (E se più non torni, l’averò per finezza).

Filiberto. Addio, gioia bella. Aspettate un poco. Signor uffiziale, per essere stato alla guerra, avete poca disinvoltura, mi pare.

Cotterie. Perchè mi dite questo, signore?

Filiberto. Lasciate partire madamigella senza nemmen salutarla? Senza dirle due gentilezze?

Costanza. Per verità, me ne ha dette pochissime.