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UN CURIOSO ACCIDENTE | 147 |
Giannina. E per questo fa maggiore stima di voi. (a Costanza)
Cotterie. (Questa conversazione vuole imbrogliarmi).
Costanza. Con licenza, madamigella.
Giannina. Volete andarvene così presto?
Costanza. Sono attesa da una mia zia. Le ho data parola di pranzare oggi con lei, e anticipar non è male.
Giannina. È ancor di buon’ora. Vostra zia è avanzata; la troverete forse nel letto.
Cotterie. (Non impedite che se ne vada). (piano a Giannina)
Costanza. Che dice il signor tenente? (a Giannina)
Giannina. Mi sollecita, perchè io vi trattenga.
Costanza. Mi confonde la di lui gentilezza. (inchinandosi)
Cotterie. (Ha piacere di tormentarmi).
Giannina. Che dite, amica, non son io di buon cuore?
Costanza. Non posso che lodarvi della vostra leale amicizia.
Giannina. Confessate anche voi l’obbligazion che mi avete. (a Cotterie)
Cotterie. Sì, certo, ho giusto motivo di ringraziarvi. Voi che conoscete il mio interno, saprete ora qual sia la consolazione che mi recate. (ironico)
Giannina. Sentite? È consolatissimo. (a madamigella Costanza)
Costanza. Cara amica, giacchè avete tanta bontà per me, e tanta interessatezza per lui, permetteteci di parlare liberamente. Il vostro amabile genitore mi ha dette delle cose che mi hanno colmata di giubbilo e di maraviglia. Se tutto è vero quel ch’ei mi disse, pregate voi monsieur de la Cotterie, che si compiaccia di assicurarmene.
Giannina. Questo è quello ch’io meditava. Ma il ragionamento non può esser breve. La zia vi aspetta, e si può differire a un altro incontro.
Cotterie. (Voglia il cielo che non mi metta in maggior impegno).
Costanza. Poche parole bastano per quel ch’io chiedo.
Giannina. Via, signor tenente, vi dà l’animo di dirle tutto in poco?
Cotterie. Non mi dà l’animo veramente.