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130 | ATTO PRIMO |
Filiberto. Io dubito che la malattia ch’ei soffre presentemente, sia originata da un’altra ferita un poco più penetrante.
Giannina. Finora i medici non gli hanno scoperta che una ferita sola.
Filiberto. Oh! si danno delle ferite, che non sono dai medici conosciute.
Giannina. Qualunque colpo, benchè leggiero, forma al di fuori la sua impressione.
Filiberto. Eh no, vi sono delle armi che colpiscono per di dentro.
Giannina. Senza ferir la pelle?
Filiberto. Sicuramente.
Giannina. Per dove passano sì fatti colpi?
Filiberto. Per gli occhi, per le orecchie, per i meati del corpo.
Giannina. Intendete voi delle impressioni dell’aria?
Filiberto. No, intendo parlare di quelle del fuoco.
Giannina. In verità, signore, non vi capisco.
Filiberto. Avrei piacere che non mi capiste,
Giannina. Mi credete voi maliziosa?
Filiberto. No, vi credo una brava ragazza, saggia, prudente, che conosce il male dell’uffiziale, e che mostra di non conoscerlo per onestà.
Giannina. (Meschina di me! questo modo suo di parlare mi mette in agitazione).
Filiberto. Giannina, mi pare che siete divenuta un po’ rossa.
Giannina. Signore, voi dite cose che mi fanno necessariamente arrossire. Comincio ora a comprendere le misteriose ferite di cui parlate. Comunque ciò siasi, io non conosco ne il suo male, né il suo rimedio.
Filiberto. Figliuola mia, facciamoci a parlar chiaro. Monsieur de la Cotterie era risanato quasi perfettamente un mese dopo che è qui venuto. Stava bene, mangiava bene, principiava a riacquistar le sue forze, aveva un buon colorito, ed era il piacere della mia tavola e della nostra conversazione. A poco a poco cominciò ad attristarsi, perde l’appetito, divenne smunto, e si conversero le sue lepidezze in sospiri. Io sono un poco