Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1914, XIX.djvu/82

74 ATTO TERZO


Vittoria. Volete ch’io ve la dica? Davvero, davvero, siete un giovane spiritoso. (ironica)

Ferdinando. Son galantuomo, signora. E quando si può parlare; parlo, e quando s’ha da tacere, taccio.

Vittoria. Orsù, perchè non crediate quel che non è, e non pensiate quel che vi pare, vi dirò che per me medesima non ho niente, ma mio fratello è inquietissimo, è fuor di se, è delirante, e per cagione sua divento peggio di lui.

Ferdinando. Sì, sarà delirante per la signora Giacinta. È una frasca, è una civetta, dà retta a tutti, si discredita, si fa ridicola dappertutto.

Vittoria. Per altro voi non dite mal di nessuno.

Ferdinando. Dov’è il signor Leonardo?

Vittoria. Io credo che sia andato da lei.

Ferdinando. Con licenza.

Vittoria. Dove, dove?

Ferdinando. A ritrovare l’amico, a soccorrerlo, a consigliarlo. (A raccogliere qualche cosa per la conversazione di Montenero). (parte)

Vittoria. Ed io, che cosa ho da fare? Ho da aspettar mio fratello, o ho da andare da mia cugina? Bisognerà che io l’aspetti, bisognerà ch’io osservi dove va a finire questa faccenda. Ma no, sono impaziente, vo’ saper subito qualche cosa. Vo’ tornar dal signor Filippo, vo’ tornar da Giacinta. Chi sa ch’ella non faccia appesta perch’io non vada in campagna? Ma nasca quel che sa nascere, ci voglio andare, e ci anderò a suo dispetto. (parte)

SCENA X.

Camera in casa del signor Filippo.

Filippo e Fulgenzio.

Filippo. Per me, vi dico, son contentissimo. Il signor Leonardo è un giovane proprio civile, di buona nascita, ed ha qualche cosa del suo. E vero che gli piace a spendere, e specialmente in campagna, ma si regolerà.