Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1914, XIX.djvu/78

70 ATTO TERZO


Leonardo. Povero me! non so dove mi sia. Mi ha tradito Fulgenzio, mi scherniscono tutti, son fuor di me. Sono disperato. (siede

Cecco. Signore.

Leonardo. Portami dell’acqua.

Cecco. Da lavar le mani?

Leonardo. Un bicchier d’acqua, che tu sia maladetto. (s’alza)

Cecco. Subito. (Non si va più in campagna). (parte)

Leonardo. Ma come mai quel vecchio, quel maladetto vecchio, ha potuto ingannarmi? L’avranno ingannato. Ma se mi ha detto che Filippo ha con esso lui degli affari, in virtù dei quali non lo poteva ingannare; dunque il male viene da lui; ma non può venire da lui. Verrà da lei, da lei; ma non può venire nemmeno da lei. Sarà stato il padre; ma se il padre ha promesso! Sarà stata la figlia; ma se la figlia dipende! Sarà dunque stato Fulgenzio; ma per qual ragione mi ha da tradire Fulgenzio? Non so niente, son io la bestia, il pazzo, l’ignorante....

Cecco. (Viene coll’acqua.)

Leonardo. Sì, pazzo, bestia. (da sè, non vedendo Cecco

Cecco. Ma! perchè bestia?

Leonardo. Sì, bestia, bestia. (prendendo l’acqua)

Cecco. Signore, io non sono una bestia.

Leonardo. Io, io sono una bestia, io. (beve l’acqua)

Cecco. (Infatti le bestie bevono l’acqua, ed io bevo il vino).

Leonardo. Va subito dal signor Fulgenzio. Guarda s’è in casa. Digli che favorisca venir da me, o che io andrò da lui.

Cecco. Dal signor Fulgenzio, qui dirimpetto?

Leonardo. Sì, asino, da chi dunque?

Cecco. Ha detto a me?

Leonardo. A te.

Cecco. (Asino, bestia, mi pare che sia tutt’uno). (parte)