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60 ATTO SECONDO


aspettare degli anni, e poi se hanno qualche premura, il sarto s’impunta. Vuole i danari sul fatto, e nascono delle baruffe. (Prendi questa, e sappiatemi dir se è alla moda)

Vittoria. (Non crederei che parlasse di me. Se potessi credere che il sarto avesse parlato, lo vorrei trattar come merita).

Giacinta. E quando ve lo metterete questo bell’abito?

Vittoria. Non so, può essere che non me lo metta nemmeno. lo son così; mi basta d’aver la roba, ma non mi curo poi di sfoggiarla.

Giacinta. Se andate in campagna, sarebbe quella l’occasione di metterlo. Peccato, poverina, che non ci andiate in quest’anno!

Vittoria. Chi v’ha detto che io non ci vada?

Giacinta. Non so: il signor Leonardo ha mandato a licenziar i cavalli.

Vittoria. E per questo? Non si può risolvere da un momento all’altro? E credete che io non possa andare senza di lui? Credete che io non abbia delle amiche, delle parenti da poter andare?

Giacinta. Volete venire con me?

Vittoria. No, no, vi ringrazio.

Giacinta. Davvero, vi vedrei tanto volentieri.

Vittoria. Vi dirò, se posso ridurre una mia cugina a venire con me a Montenero, può essere che ci vediamo.

Giacinta. Oh! che l’avrei tanto a caro.

Vittoria. A che ora partite?

Giacinta. A ventun’ora.

Vittoria. Oh! dunque c’è tempo. Posso trattenermi qui ancora un poco. (Vorrei vedere questo abito, se potessi).

Giacinta. Sì, sì, ho capito. Aspettate un poco. (verso la scena)

Vittoria. Se avete qualche cosa da fare, servitevi.

Giacinta. Eh! niente. M’hanno detto che il pranzo è all’ordine, e che mio padre vuol desinare.

Vittoria. Partirò dunque.

Giacinta. No, no, se volete restare, restate.

Vittoria. Non vorrei che il vostro signor padre si avesse a inquietare.