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54 ATTO SECONDO


Giacinta. Io non ci penso, e non v’ho mai pensato. Non siete stato voi che l’ha invitato? Ho detto niente io, perchè lo facciate venire?

Filippo. (Mia figliuola ha più giudizio di me). Ehi, chi è di là? Un servitore.

Giacinta. Subito lo vado io a chiamare. E che volete far dire al signor Guglielmo?

Filippo. Che non s’incomodi, e che non lo possiamo servire.

Giacinta. Oh bella scena! bella, bella, bellissima scena. (con ironia)

Filippo. Glielo dirò con maniera.

Giacinta. Che buona ragione gli saprete voi dire?

Filippo. Che so io?... Per esempio... che nella carrozza ha da venire la cameriera, e che non c’è loco per lui.

Giacinta. Meglio, meglio, e sempre meglio. (come sopra)

Filippo. Vi burlate di me, signorina?

Giacinta. Io mi maraviglio certo di voi, che siete capace di una simile debolezza. Che cosa volete ch’ei dica? Che cosa volete che dica il mondo? Volete essere trattato da uomo incivile, da malcreato?

Filippo. Vi pare cosa ben fatta, che un giovane venga in sterzo con voi?

Giacinta. Sì, è malissimo fatto, e non si può far peggio; ma bisognava pensarvi prima. Se l’avessi invitato io, potreste dir non lo voglio; ma l’avete invitato voi.

Filippo. E bene, io ho fatto il male, ed io ci rimedierò.

Giacinta. Basta che il rimedio non sia peggiore del male. Finalmente s’ei viene con me, c’è la zia, ci siete voi: è male; ma non è gran male. Ma se dite ora di non volerlo, se gli fate la mal’azione di licenziarlo, non arriva domani, che voi ed io per Livorno e per Montenero siamo in bocca di tutti: si alzano sopra di noi delle macchine, si fanno degli almanacchi. Chi dirà: erano innamorati, e si son disgustati. Chi dirà: il padre si è accorto di qualche cosa. Chi sparlerà di voi, chi sparlerà di me; e per non fare una cosa innocente, ne patirà la nostra riputazione.