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46 | ATTO SECONDO |
SCENA VI.
Vittoria sola.
Ma! La cosa è così pur troppo. Quando si è sul candeliere, quando si è sul piede di seguitare il gran mondo, una volta che non si possa, si attirano gli scherni e le derisioni. Bisognerebbe non aver principiato. Oh! costa molto il dover discendere. Io non ho tanta virtù che basti. Sono in un’afflizione grandissima, e il mio maggior tormento è l’invidia. Se le altre non andassero in villa, non ci sarebbe pericolo ch’io mi rammaricassi per non andarvi. Ma chi sa mai, se Giacinta ci vada o non ci vada? Ella mi sta sul cuore più delle altre. Vo’ assicurarmene, lo vo’ sapere di certo. Vo’ andar io medesima a ritrovarla. Dica mio fratello quel che sa dire. Questa curiosità vo’ cavarmela. Nasca quel che sa nascere, vo’ soddisfarmi. Son donna, son giovane. Mi hanno sempre lasciato fare a mio modo, ed è difficile tutt’ad un tratto farmi cambiar costume, farmi cambiare temperamento. (parte)
SCENA VII.
Camera in casa di Filippo.
Filippo e Brigida.
Brigida. Sicchè dunque il signor Leonardo ha mandato a dire che non può partire per ora?
Filippo. Sì certo, l’ha mandato a dire. Ma ciò non sarebbe niente. Può essergli sopraggiunto qualche affare d’impegno. Non stimo niente. Mi fa specie che ha mandato alla posta a levar l’ordine dei cavalli per lui e dei cavalli per me, come s’egli avesse paura ch’io non pagassi, e che dovesse toccar a lui a pagare.
Brigida. (L’ho detto io, l’ho detto. La padrona vuol far di sua testa, che il cielo la benedica).
Filippo. Io non mi aspettava da lui questo sgarbo.