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44 | ATTO SECONDO |
siete stato più volte, e non siete morto di fame; e se non vado in villa, ho i miei motivi per non andarvi, e non ho da render conto di me a nessuno. Andate da chi vi pare, e non vi prendete più l’incomodo di venir da me. (Scrocchi insolenti, mormoratori indiscreti!) (parte)
SCENA V.
Vittoria e Ferdinando.
Ferdinando. È impazzito vostro fratello? Che cosa ha egli con me? Di che può lamentarsi dei fatti miei?
Vittoria. Veramente pare dal vostro modo di dire, che noi non possiamo andare in campagna per mancanza del bisognevole.
Ferdinando. Io? Mi maraviglio. Per gli amici mi farei ammazzare: difenderei la vostra riputazione colla spada alla mano. Se ha degli affari in Livorno, chi l’obbliga a andar in villa? Se ho detto che il signor Filippo non ha interessi che lo trattengano, m’intesi dire, perchè il signor Filippo è un vecchio pazzo, che trascura gli affari suoi per tripudiare, per scialacquare; e la sua figliuola ha meno giudizio di lui, che gli fa spendere l’osso del collo in centomila corbellerie, lo stimo la prudenza del signor Leonardo, e stimo la prudenza vostra, che sa adattarsi alle congiunture; e si fa quello che si può, e che si rovinino quelli che si vogliono rovinare.
Vittoria. Ma siete curioso per altro. Mio fratello non resta in Livorno per il bisogno.
Ferdinando. Lo so; ci resta per la necessità.
Vittoria. Necessità di che?
Ferdinando. Di accudire agli affari suoi.
Vittoria. E la signora Giacinta credete voi che ci vada in campagna?
Ferdinando. Senz’altro.
Vittoria. Sicuro?
Ferdinando. Infallibilmente.