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LE SMANIE PER LA VILLEGGIATURA | 41 |
Leonardo. Può essere ch’ella pure non vada.
Vittoria. Ecco la gran ragione. Eccolo il gran motivo. Perchè non parte la bella, non vorrà partire l’amante. Io non ho che fare con lei, e si può partire senza di lei.
Leonardo. Partirete, quando a me parerà di partire.
Vittoria. Questo è un torto, questa è un’ingiustizia che voi mi fate. Io non ho da restar in Livorno, quando tutti vanno in campagna, e la signora Giacinta mi sentirà, se resterò a Livorno per lei.
Leonardo. Questo non è ragionare da fanciulla propria e civile, come voi siete. E voi che fate colà ritto, ritto, come una statua? (a Paolo)
Paolo. Aspetto gli ordini. Sto a veder, sto a sentire. Non so s’io abbia a seguitar a fare, o a principiar a disfare.
Vittoria. Seguitate a fare.
Leonardo. Principiate a disfare.
Paolo. Fare e disfare è tutto lavorare. (levando dal baule)
Vittoria. Io butterei volentieri ogni cosa dalla finestra.
Leonardo. Principiate a buttarvi il vostro mariage.
Vittoria. Sì, se non vado in campagna, lo straccio in centomila pezzi.
Leonardo. Che cosa c’è in questa cassa? (a Paolo)
Paolo. Il caffè, la cioccolata, lo zucchero, la cera e le spezierie.
Leonardo. M’immagino che niente di ciò sarà stato pagato.
Paolo. Con che vuol ella ch’io abbia pagato? So bene che per aver questa roba a credito, ho dovuto sudare; e i bottegai mi hanno maltrattato, come se io l’avessi rubata.
Leonardo. Riportate ogni cosa a chi ve l’ha data, e fate che depennino la partita.
Paolo. Sì, signore. Ehi! chi è di là? Aiutatemi. (vien servito)
Vittoria. (Oh povera me! La villeggiatura è finita).
Paolo. Bravo, signor padrone: così va bene. Far manco debiti che si può.
Leonardo. Il malan che vi colga. Non mi fate il dottore, che perderò la pazienza.