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LE SMANIE PER LA VILLEGGIATURA 39


Vittoria. Che importa? Quando l’ho avuto, l’ho avuto. Io non credo che vi farete pregare per questo.

Paolo. Per me la servirei volentieri, ma non ne ho. È vero che quantunque io non abbia che il titolo ed il salario di cameriere, ho l’onor di servire il padrone da fattore e da mastro di casa. Ma la cassa ch’io tengo, è così ristretta, che non arrivo mai a poter pagare quello che alla giornata si spende; e per dirle la verità, sono indietro anch’io di sei mesi del mio onorario.

Vittoria. Lo dirò a mio fratello, e mi darà egli il bisogno.

Paolo. Signora, si accerti che ora è più che mai in ristrettezze grandissime, e non si lusinghi, perchè non le può dar niente.

Vittoria. Ci sarà del grano in campagna.

Paolo. Non ci sarà nemmeno il bisogno per far il pane che occorre.

Vittoria. L’uva non sarà venduta.

Paolo. È venduta anche l’uva.

Vittoria. Anche l’uva?

Paolo. E se andiamo di questo passo, signora...

Vittoria. Non sarà così di mio zio.

Paolo. Oh! quello ha il grano, il vino e i danari.

Vittoria. E non possiamo noi prevalerci di qualche cosa?

Paolo. Non signora. Hanno fatto le divisioni. Ciascheduno conosce il suo. Sono separate le fattorie. Non vi è niente da sperare da quella parte.

Vittoria. Mio fratello dunque va in precipizio.

Paolo. Se non ci rimedia.

Vittoria. E come avrebbe da rimediarci?

Paolo. Regolar le spese. Cambiar sistema di vivere. Abbandonar soprattutto la villeggiatura.

Vittoria. Abbandonar la villeggiatura? Si vede bene che siete un uomo da niente. Ristringa le spese in casa. Scemi la tavola in città, minori la servitù; le dia meno salario. Si vesta con meno sfarzo, risparmi quel che getta in Livorno. Ma la villeggiatura si deve fare, e ha da essere da par nostro, grandiosa secondo il solito, e colla solita proprietà.