Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1914, XIX.djvu/41


LE SMANIE PER LA VILLEGGIATURA 33


Giacinta. Su che proposito?

Brigida. Sul proposito del signor Guglielmo: sapete quanto è geloso; e se lo vede in carrozza con voi....

Giacinta. Converrà che lo soffra.

Brigida. Io ho paura che si disgusterà.

Giacinta. Con chi?

Brigida. Con voi.

Giacinta. Eh! per appunto. Gliene ho fatte soffrir di peggio.

Brigida. Compatitemi, signora padrona, il poverino vi vuol troppo bene.

Giacinta. Ed io non gli voglio male.

Brigida. Ei si lusinga, che siate un giorno la di lui sposa.

Giacinta. E può anche essere che ciò succeda.

Brigida. Ma se avesse questa buona intenzione, procurate un poco più di renderlo soddisfatto.

Giacinta. Anzi per lo contrario, prevedendo ch’ei possa un giorno essere mio marito, vo’ avvezzarlo per tempo a non esser geloso, a non esser soffistico, a non privarmi dell’onesta mia libertà. Se principia ora a pretendere, a comandare, se gli riesce ora d’avvilirmi, di mettermi in soggezione, è finita: sarò schiava perpetuamente. O mi vuol bene, o non mi vuol bene. Se mi vuol bene, s’ha da fidare, se non mi vuol bene, che se ne vada.

Brigida. Dice per altro il proverbio: chi ama, teme; e se dubita, dubiterà per amore.

Giacinta. Questo è un amore che non mi comoda.

Brigida. Diciamola fra di noi: voi l’amate pochissimo il signor Leonardo.

Giacinta. Io non so quanto l’ami; ma so che l’amo più di quello ch’io abbia amato nessuno; e non avrei difficoltà a sposarlo, ma non a costo di essere tormentata.

Brigida. Compatitemi, questo non è vero amore.

Giacinta. Non so che fare. Io non ne conosco di meglio.

Brigida. Mi pare di sentir gente.

Giacinta. Va a vedere chi è.