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IL BUON COMPATRIOTTO 389


ha saputo piacermi, e tuttavia me la sento nel cuore. Condanno me medesimo solamente di troppo facile, di troppo incauto, di troppo cieco. Merito peggio. Mio padre mi chiama in Venezia per un maritaggio, ed io mi perdo in amori stranieri, vagheggio un’incognita, e dono il core ad una femmina venturiera? Il freddo accoglimento della signora Isabella può esser provenuto dal saper ella il torto ch’io le facea. Pur troppo sarà stata avvertita della mia mala condotta. Merito peggio, e son disposto a domandarle perdono. Ite voi, o signora, dove v’aggrada. A me più non pensate, ch’io farò ogni sforzo per dimenticarmi di voi. Non vi rimprovero, non v’insulto; vi dico in cambio, che non fate torto a’ doni del cielo; che non abusate del vostro talento, che fate miglior conto della vostra bellezza. Vi auguro miglior sorte e miglior condotta, e vi abbandono per sempre, e non isperate di vedermi mai più. (parte)

Brighella. Siora Contessa, la reverisso. Sior Conte, ghe son umilissimo servitor. (parte)

SCENA XIV.

Rosina e Traccagnino.

Rosina. Tutto per causa vostra. Son in rovina per vu; son in precipizio per causa vostra.

Traccagnino. (Che tutto ecc. Segue a soggetto, e tutti due via.)

SCENA XV.

Camera d’Isabella1.

Isabella, poi Servitore.

Isabella. Grand’inquietudine ho nell’animo mio! Veggio a quai pericoli vado incontro, alimentando per Ridolfo la mia passione. Mio padre si lusinga ancora ch’io condiscenda a sposar

  1. Manca questa indicazione nel testo.