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IL BUON COMPATRIOTTO | 379 |
Ridolfo. E voi acconsentirete a privarmi del vostro cuore?
Isabella. Ne avete fatto finora sì poco conto, che non mi ho creduto in debito di custodirlo per voi.
Ridolfo. Quest’è un annunzio di morte, è un eccesso di crudeltà, è un motivo per me di disperazione.
Isabella. Se il vostro labbro dicesse il vero, parerebbe che voi m’amaste colla maggior tenerezza del mondo.
Ridolfo. N’avete dubbio, signora?
Isabella. Per dire la verità, non vi credo.
Ridolfo. Ah barbara, non mi credete? Sì, vi farò conoscere s’io dico il vero, o se io mento. Lo vedrete a vostro rossore, ma tardo sarà allora per me il vostro conoscimento; vedrete, sì vedrete s’io v’amo, allora quando vi cadrò a’ piedi svenato. Misero me! Isabella mia non mi crede. Ah sì, ora con questa spada... (mette la mano sulla guardia della spada)
Isabella. Fermatevi, signor Ridolfo. (lo trattiene)
Ridolfo. No, lasciatemi.
Isabella. Fermatevi, per amor del cielo.
Ridolfo. Barbara! Non credete ch’io v’ami?
Isabella. Sì, lo credo, acchetatevi.
Ridolfo. E sarà possibile ch’io vi abbia a perdere?
Isabella. Oh cieli! come mi potrò esimere dal voler di mio padre?
Ridolfo. Io non vi deggio dare consiglio. Consigliatevi col cuor vostro.
Isabella. Il mio cuore è troppo angustiato.
Ridolfo. Amore v’aiuterà a serenarlo.
Isabella. Ah! voglia il cielo ch’io non soccomba.
Servitore. Signora, xe qua el patron con dei forastieri.
Isabella. Mio padre. (a Ridolfo, con ansietà)
Ridolfo. Che volete ch’io faccia?
Isabella. Partite subito. Ma no; per di là l’incontrate. Partite per la scala segreta. (a Ridolfo) Voi compagnatelo per la via segreta, e per amor del cielo non dite niente a mio padre. (al servitore)