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372 | ATTO SECONDO |
SCENA V.
Traccagnino e Rosina seguono; poi
Traccagnino. (Che non vuol disonorar la famiglia Batocchi.)
SCENA VI.
Ridolfo e detti.
Ridolfo. (Che genti sono queste!) (da sè indietro)
Rosina. Zitto, che vien zente. (a Traccagnino)
Traccagnino. (Tutto sì, ma servitor no.)
Ridolfo. (Oh stelle!) (con ammirazione vedendo Rosina)
Rosina. (Cessa védio!) (con ammirazione vedendo Ridolfo)
Traccagnino. Cossa xe sta. (osservando li due)
Ridolfo. Voi qui, Rosina?
Rosina. Son qua, patron.
Traccagnino. (A suo modo) L’è che me despiase che ghe son anca mi.
Ridolfo. Godo infinitamente di rivedervi.
Rosina. Anca mi dasseno gh’ho gusto d’averlo trovà.
Ridolfo. Chi è quel giovane ch’è con voi?
Rosina. Sto zovene? El xe un mio fradello.
Traccagnino. (Si contenta che gli dica fratello.)
Ridolfo. Siete venuta a Venezia per qualche affare?
Rosina. Sior sì, son vegnua a Venezia per un affar d’importanza.
Ridolfo. Se posso impiegarmi per voi, comandatemi liberamente.
Rosina. Manco cerimonie, sior Ridolfo carissimo; che se elo xe cortesan1, gnanca mi no son una pampaluga2. Bergamo no xe lontan centomile mia da Venezia, e no xe un secolo che s’avemo visto. M’intendela, patron, quel che voggio dir?
Ridolfo. Sì, cara la mia Rosina, capisco tutto. Conoscete voi la signora Costanza? la padrona di questa casa?