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368 | ATTO SECONDO |
Costanza. Siora Isabella?
Ridolfo. Oh Isabella! Vorreste forse dire Isabella?
Costanza. Isabella, o Isabrutta, la cognosselo?
Ridolfo. Ho conosciuto a Livorno una signora che si chiamava Isabella.
Costanza. Veneziana?
Ridolfo. Sì, veneziana, ma che parlava toscano.
Costanza. Ghe piasevela?
Ridolfo. Così, e così: passabilmente.
Costanza. Gh’alo fatto l’amor?
Ridolfo. Perchè mi fate tutte queste interrogazioni?
Costanza. Che el me responda a mi. Gh’alo fatto l’amor?
Ridolfo. Sono cose passate, sono cose lontane. Ora ho i miei affetti tutti impiegati per voi.
Costanza. Ma se vegnisse a Venezia siora Bettina?
Ridolfo. Che importa a me della signora Bettina? Venezia è grande, potrebbe darsi che ella non sapesse di me, e che io non sapessi di lei.
Costanza. Ma se ghe fusse qualche impegno, bisognerave che i se trovasse.
Ridolfo. (Non so che cosa sappia costei. Mi mette in sospetto).
Costanza. (El se immutisce. Cattivo segno).
Ridolfo. La conoscete voi questa signora Isabella?
Costanza. Sior sì, per obbedirla. La cognosso, la xe mia amiga, e no xe mezz’ora che ho parla con ela.
Ridolfo. È in Venezia la signora Isabella? (con ammirazione)
Costanza. La signora Isabella è in Venezia. (con caricatura)
Ridolfo. (Questo vuol essere per me un imbroglio).
Costanza. Vorla andarghe a far una visita?
Ridolfo. Io non ne ho nessuna premura.
Costanza. E sì la lo aspetta con tanto de cuor.
Ridolfo. (La vedrei anch’io volontieri. Ma sarà meco in collera con ragione).
Costanza. Se la vol andar, mi gh’insegnerò dove che la sta.
Ridolfo. E dove abita la signora Isabella?