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356 ATTO PRIMO


vorno con lei dieci anni, parerà presso il signor Pantalone suo padrone, ch’egli abbia tenuta mano ai di lei amori.

Isabella. Eh no, Brighella, non vi prendete pena di ciò. Sa bene mio padre, che nella casa di mio zio in Livorno, dove fui, posso dire, allevata, si vivea con maggior libertà di quella che si pratica qui in casa nostra. Sarà persuaso ch’io abbia avuto il comodo d’innamorarmi, senza l’aiuto d’un servitore.

Brighella. (Se dunque è disposta a voler palesare a suo padre la sua passione.)

Isabella. Lo farò, quando sarò costretta a doverlo fare.

Brighella. (Che ci pensi prima di farlo.)

Isabella. Ho pensato, ho risolto, e non vi è ragione che mi persuada in contrario.

Brighella. (Dice da sè, che col tempo vuole avvertir Pantalone, per isfuggire il pericolo d essere rimproverato e creduto a parte di questa tresca.)

Isabella.(Non credo mai che Ridolfo sia capace di tradirmi, di abbandonarmi).

Servitore. Xe qua siora Costanza, che vorria reverirla.

Isabella. Qual signora Costanza?

Servitore. Siora Costanza Grassetti.

Isabella. Sì, sì, ora mi sovviene. Era mia amica quand’eravamo in età ancor tenera. È molto, che si ricordi di me. Venga, è padrona. La vedrò assai volentieri.

Servitore. (Parte.)

Isabella. Vi ricordate voi della signora Costanza?

Brighella. (Che se ne ricorda benissimo, e che sa essere stata maritata, e che ora è Vedova.)

Isabella. Mi pare, sì, mi pare ora ricordarmene.

Brighella. (Dice che la signora Costanza si è maritata male, ed ora sta magramente, e dovrebbe ella prendere esempio, e maritarsi con quello che le destina suo padre.)

Isabella. Lasciamo andare questi discorsi. Ecco la signora Costanza. Preparate due sedie.

Brighella. (Prepara le sedie, e va dicendo da sè, che la padrona vuol rovinarsi, che le fanciulle non hanno giudizio, ma che vuol avvisare il padrone.) (parte)