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350 ATTO PRIMO

Traccagnino. (Che ella andando a Venezia per trovar l'amante, non dovrebbe far finezze a nessuno.)

Rosina. A trattar ben con tutti, a far ciera a tutti, no ghe xe mal. Anzi, in tel stato che son, gh’ho bisogno d’amici e protettori.

Traccagnino. (Che se ella trova altri amici, non avrà bisogno di lui.)

Rosina. Fazzo più capital de un amigo de cuor, de un mio patrioto, che de tutt’i altri. Stè qua, stè con mi, e feve veder che se con mi.

Traccagnino. (Al signor Leandro che ora viene, cosa dirà ch’egli sia.)

Rosina. Secondo. Ghe dirò quel che me vegnirà in bocca. Nol ne cognosse nissun; ghe dirò de vu e de mi quel che me parerà.

Traccagnino. (Che gli dispiace di quest’impegno, ma che è di buon core e non sa dir di no.)

SCENA II.

Leandro, e detti; poi Pandolfo.

Leandro. Signora, perchè non siete venuta a bevere il caffè al botteghino?

Rosina. L’ho bevuto due volte. Dicono che il caffè dissecca; non vorrei che mi riducesse uno stecco.

Traccagnino. (Riflette che ora parla toscano.)

Leandro. Perchè almeno non ci avete onorati della vostra amabile compagnia?

Rosina. Non vi ho annoiati abbastanza da Padova fin qui? Non ho da infastidirvi sino a Venezia?

Leandro. Siete tanto allegra e gentile, che è una delizia lo star con voi.

Traccagnino. (A piano) Andemo in burchiello.

Rosina. (Co sarà ora, anderemo).

Leandro. È con voi questo giovane?

Rosina. Sì signore, non l’avete veduto in burchiello?

Leandro. Sì, l’ho veduto, ma era da voi lontano, e non lo credeva in compagnia vostra.