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324 ATTO TERZO

Costanza. Sì, certo, anche noi.

Guglielmo. Ricordatevi che alle lettere si risponde. (a Ferdinando)

Giacinta. Quando meritino d’aver risposta. (a Ferdinando)

Ferdinando. Benissimo, ci s’intende.

Vittoria. Leggete forte, che tutti sentano.

Ferdinando, Vi prometto di non lasciar fuori una virgola, (apre la lettera.)

Servitore. Signora, il signor Filippo, il signor Leonardo e il signor Fulgenzio, che bramano riverirla. (a Costanza)

Costanza. Dite loro che son padroni, che restino serviti. Portate qui delle seggiole. (al servitore)

Servitore. (Se ce ne fossero; ma non ce ne sono tante che bastino). (parte)

Vittoria. Mi dispiace ora quest’interrompimento. Vorrei sentir quella lettera. Date qui, non l’avete da leggere senza di noi. (leva la lettera di mano a Ferdinando)

SCENA X.

Filippo, Leonardo, Fulgenzio e detti.

Filippo. Servo di lor signori. (tutti si alzano)

Tognino. Oh! padrone, signor Filippo.

Filippo. Oh la bella figura!

Tognino. Vuol giocare a bazzica?

Filippo. Eh! non mi seccate. Giacinta, con licenza della padrona di casa, avrei bisogno di dirvi una parolina.

Costanza. Servitevi come vi piace.

Leonardo. Scusatemi, signore. Noi siamo qui per fare il nostro dovere colla signora Costanza. Non vi mancherà tempo di parlare alla signora Giacinta. (a Filippo)

Filippo. Ma io, quando ho qualche cosa nel capo, sono impaziente. La signora Costanza è buona, e me lo permetterà.

Costanza. Vi torno a dire, signore, accomodatevi come vi piace.

Giacinta. (Che mai vuol dirmi mio padre? Sono in un’estrema curiosità).