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26 | ATTO PRIMO |
SCENA VIII.
Vittoria e Ferdinando.
Ferdinando. Signora, dite la verità, sareste in dubbio di partire per la mancanza dell’abito?
Vittoria. E bene? Mi dareste il torto per questo?
Ferdinando. No, avete tutte le ragioni del mondo: è una cosa necessarissima. Lo fanno tutte, lo fanno quelle che non lo potrebbono fare. Conoscete la signora Aspasia?
Vittoria. La conosco.
Ferdinando. Se n’è fatto uno ella pure, e ha preso il drappo in credenza per pagarlo uno scudo al mese. E la signora Costanza? La signora Costanza, per farsi l’abito nuovo, ha venduto due paia di lenzuola ed una tovaglia di Fiandra e ventiquattro salviette.
Vittoria. E per qual impegno, per qual premura hanno fatto questo?
Ferdinando. Per andare in campagna.
Vittoria. Non so che dire, la campagna è una gran passione, le compatisco; se fossi nel caso loro, non so anch’io che cosa farei. In città non mi curo di far gran cose; ma in villa ho sempre paura di non comparire bastantemente.... Fatemi un piacere, signor Ferdinando, venite con me.
Ferdinando. Dove abbiamo d’andare?
Vittoria. Dal sarto, a gridare, a strapazzarlo ben bene.
Ferdinando. No, volete ch’io v’insegni a farlo sollecitare?
Vittoria. E come direste voi che io facessi?
Ferdinando. Perdonate: lo pagate subito?
Vittoria. Lo pagherò al mio ritorno.
Ferdinando. Pagatelo presto, e sarete servita presto.
Vittoria. Lo pago quando voglio, e vo’ che mi serva quando mi pare. (parte)
Ferdinando. Bravissima, bel costume! Far figura in campagna, e farsi maltrattare in città. (parte)