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IL RITORNO DALLA VILLEGGIATURA 323

Costanza. Si serva. (dà il caffè a Giacinta)

Rosina. Con permissione. (vuol portare il caffè a Tognino; lo dà al servitore, e ritorna subito) Visite, signora zia; abbiamo dell’altre visite.

Costanza. E chi viene?

Rosina. La signora Vittoria, il signor Ferdinando e il signor Guglielmo.

Giacinta. (Oh povera me!)

Rosina. Guardi, guardi, che ha versato il caffè sull’andriene1.

Giacinta. (Maladetto sia chi mi ha obbligato a restare), (si pulisce)

Rosina. Vuole dell’acqua fresca?

Giacinta. Eh! non s’incomodi, non importa. (con dispetto)

Rosina. Eccoli, eccoli.

SCENA VIII.

Vittoria, Guglielmo e detti.

Vittoria. Serva sua, ben trovate.

Costanza. Serva.

Rosina. Serva.

Guglielmo. Servitor loro.

Vittoria. Voi pure siete qui, signora Giacinta?

Giacinta. Sono venuta anch’io a fare il mio debito.

Rosina. A farmi grazia.

Giacinta. (Così mi fossi rotto uno stinco pria di venirci).

Costanza. Favoriscano. Ho fatte già le mie scuse colla signora Giacinta; non ho ancora potuto ammobigliar la casa; favoriscano di seder come possono.

Guglielmo. Scusi, signora Costanza, se sono venuto io pure ad incomodarla. Mi ha ritrovato a caso per istrada la signora Vittoria, e mi ha obbligato ad accompagnarla.

Giacinta. (Lo capisco, il perfido! lo capisco).

Rosina. Anzi mi ha fatto grazia; e sono obbligata di ciò alla signora Vittoria.

Giacinta. Dite, signora Vittoria, non era con voi il signor Ferdinando?

  1. Così nel testo, per andrienne; nel dialetto veneziano andriè.