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320 ATTO TERZO

Costanza. Come sta il signor Leonardo, signora Giacinta?

Giacinta. Sta bene.

Rosina. E la signora Vittoria?

Giacinta. Benissimo.

Costanza. E il signor Guglielmo?....

Giacinta. È egli vero che il signor Tognino è venuto a Livorno con loro?

Costanza. Sì, signora, ci è venuto per qualche giorno.

Rosina. Perchè deve passare a Pisa.

Costanza. Per istudiare.

Rosina. Per addottorarsi.

Giacinta. Sì, sì, è venuto per andare a Pisa, e le male lingue dicevano che aveva sposato la signora Rosina.

Rosina. Le male lingue dicevano?

Giacinta. Io ho sempre detto, ch’ella non avrebbe mai fatta questa bestialità.

Rosina. Sarebbe una bestialità veramente?

Costanza. Favorisca, le di lei nozze si faranno presto?

Giacinta. Non lo so ancora. Io dipenderò da mio padre.

Rosina. E quelle della signora Vittoria col signor Guglielmo?

Giacinta. Che vuol dire che sono anch’esse ritornate quest’anno prima del solito?

Costanza. Non c’era più nessuno in campagna. Il signor Leonardo e la signora Vittoria hanno sconcertato il divertimento.

Rosina. Ma quando si marita la signora Vittoria? (a Giacinta)

Giacinta. Io non lo so, signora; lo domandi a lei.

Rosina. Per quel ch’io vedo, anche il matrimonio della signora Vittoria a lei deve parere un’altra bestialità. (a Giacinta)

Giacinta. Con permissione. Le voglio levare l’incomodo. (s’alza)

Costanza. Favorisca, aspetti, che prenderemo il caffè.

Giacinta. No, le sono obbligata.

Costanza. Eccolo, eccolo. Mi faccia questa finezza.

Giacinta. Per non ricusar le sue grazie. (siedono) (portano il caffè)1 (Pare che lo facciano apposta per tormentarmi).

  1. Così nel testo. Forse questa seconda didascalìa ti dovrebbe trasportare nella riga superiore, dopo le parole di Costanza.