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IL RITORNO DALLA VILLEGGIATURA 321

Costanza. Eh! sì1, scusatelo.

Rosina. Ma, signora, se è mio marito, convien ben ch’io lo scusi. Finalmente me l’avete dato voi, ed io l’ho preso per consiglio vostro.

Costanza. Ecco la signora Giacinta. (Mi sta bene, merito peggio).

Rosina. Se non sa più di così, è inutile di rimproverarlo.

Giacinta. Serva, signora Costanza.

Costanza. Serva umilissima.

Rosina. Serva divota.

Giacinta. Riverisco la signora Rosina.

Costanza. Si è voluta incomodare la signora Giacinta.

Giacinta. Anzi son venuta a fare il mio debito.

Costanza. Mi spiace infinitamente ch’ella mi trova qui colla casa sì malandata, che propriamente mi fa arrossire.

Giacinta. Oh! sta benissimo. Non ha da far con me queste ceremonie.

Costanza. È poco tempo ch’io sono venuta star qui, e poi sono andata in campagna, e tutte le cose sono ancora alla peggio. Favorisca d’accomodarsi. Compatisca se la seggiola non è propria.

Giacinta. Anzi è proprissima. (Tanto sfarzo in campagna, e sta qui in un porcile). (da sè)

Rosina. (Che dite eh? Si è messa in magnificenza). (a Costanza)

Costanza. (Eh! in quanto a questo, se è venuta per farmi visita, non doveva venire in succinto).

Giacinta. Che nuove mi portano di mia zia?

Rosina. Oh! la povera signora Sabina è travagliatissima. Sono stata a farle una visita prima di partire, e mi ha dato una lettera per il signor Ferdinando.

Giacinta. Oh! quanto volentieri sentirei quello che gli scrive.

Rosina. Io credo che il signor Ferdinando non avrà difficoltà di mostrarla.

Giacinta. (Cerco ogni strada per divertirmi, ma ho una spina nel cuore che mi tormenta).

  1. Così l’ed. Zatta. Nell’ed. Pasquali: Ehi! sì ecc.