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316 | ATTO TERZO |
un abitino da sposa, non ho niente da comparire; che cosa volete che dicano le persone?
Costanza. Col tempo avrete il vostro bisogno. Per ora non è necessario di dire che vi ha sposata. Si sono fatte le cose segretamente, e non l’ha da sapere nessuno. Quando poi il signor dottore sarà obbligato a passar gli alimenti al figliuolo, allora si pubblicherà il matrimonio.
Rosina. Tutto sta che Tognino non lo vada egli dicendo a chi non lo vorrebbe sapere.
Costanza. Basta avvisarlo. Dov’è Tognino che non si vede?
Rosina. È di là che si veste.
Costanza. Si veste? E come si veste?
Rosina. Mi ha detto che essendo in città, si vuol vestire con pulizia.
Costanza. E cosa si vuol mettere, se non ha altro al mondo che quell’anticaglia che portava per Montenero?
Rosina. Mi ha detto che ha portato via un abito di suo padre.
Costanza. Suo padre è un palmo più alto di lui.
Rosina. Eh, Tognino non è tanto piccolo di statura.
Costanza. Bisognerà che subito subito ei vada a Pisa, e che si metta a studiare.
Rosina. Subito subito ha da andare a Pisa?
Costanza. Volete voi ch’egli perda il tempo?
Rosina. No, ma così subito!
Costanza. Quanto vorreste ch’egli aspettasse?
Rosina. Un mese almeno.
Costanza. Basta, poco più, poco meno.
Rosina. Eccolo, eccolo, è già vestito.
SCENA VI.
Tognino con un abito assai lungo, con parrucca lunga a tre nodi e cappello colla piuma all’antica; poi un servitore.
Tognino. Oh! eccomi. Ah! sto bene?
Costanza. Oh che figura! Non ve l’ho detto io, che sarebbe stato una caricatura? (a Rosina)