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IL RITORNO DALLA VILLEGGIATURA 317

SCENA V.

Camera in casa di Costanza.

Costanza e Rosina.

Costanza. Rosina, mettetevi all’ordine, che andiamo a far queste visite.

Rosina. E dove abbiamo da andare sì presto? Siamo appena arrivate.

Costanza. Voglio che andiamo dalla signora Giacinta e dalla signora Vittoria.

Rosina. Scusatemi, signora zia, essendo noi venute a Livorno dopo di loro, tocca a loro a far visita prima a noi.

Costanza. E questo è quello ch’io non vorrei. Se vengono qui, come volete ch’io le riceva? Non vedete che casa è questa? Non c’è una camera propria, tutto vecchio, tutto antico, tutto in disordine.

Rosina. Per dir la verità, c’è una gran differenza da questa casaccia al bel casin di campagna.

Costanza. La differenza si è, che quello me l’ho fornito io di mio gusto, e questa casa è fornita secondo il genio zotico di mio marito.

Rosina. Oh! il signor zio non ci pensa. Egli non tratta che bottegai, e non gli preme niente la pulizia.

Costanza. Questa cosa io non la posso soffrire; da qui innanzi voglio stare in campagna dieci mesi dell’anno. Almeno lì sono rispettata.

Rosina. Il signor dottore non vi servirà più.

Costanza. Per verità mi dispiace aver perduta l’amicizia del signor dottore. Ho fatto questo sagrifizio per amor vostro. Vi voglio bene, desiderava di maritarvi, voi non avete dote ed io non poteva darvene; e se non capitava questo ragazzo, ho timore che sareste stata lì per un pezzo.

Rosina. Son maritata, è vero; ma questo mio matrimonio mi dà finora pochissima consolazione. Non ho un anelletto, non ho