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300 ATTO SECONDO

Giacinta. È alla moda per altro.

Vittoria. Sì, l’ho fatto un po’ ritoccare.

Giacinta. Ve l’ha fatto Monsieur de la Rejouissance?

Vittoria. Sì, quello che mi ha fatto il mio mariage.

Ferdinando. A proposito di mariage, signore mie, quando si fanno le loro nozze?

Giacinta. (Dà una spinta forte a Ferdinando) Gran vizio che avete voi di voler sempre interrompere quando si parla.

Ferdinando. Questa mattina voi mi avete preso a perseguitare.

Giacinta. Sì, voglio perseguitarvi. Voglio far le vendette di quella povera vecchia di mia zia, che voi avete sì maltrattata.

Ferdinando. E che cosa ho fatto io alla signora Sabina?

Giacinta. Che cosa le avete fatto? Tutto quel peggio che far le poteste, (durante questo discorso, Giacinta va guardando Guglielmo) Avete conosciuto la sua debolezza. L’avete tirata giù, l’avete innamorata perdutamente. E un uomo d’onore non ha da fare di queste azioni; un galantuomo non ha da cercar d’innamorare una persona vecchia, o giovane ch’ella sia, quando l’amore non può avere un onesto fine; e quando sa di poter essere di pregiudizio agl’interessi, o al buon concetto di una donna, sia vedova o sia fanciulla; ha da desistere, ha da ritirarsi, e non ha da seguitare a insidiarla, a tormentarla con visite, con importunità, con simulazioni. Sono cose barbare, pericolose, inumane.

Ferdinando. (Sì volta a guardare Guglielmo.)

Giacinta. Dico a voi, dico a voi. Non occorre che vi voltiate. Intendo di parlare con voi. (a Ferdinando)

Ferdinando. (La burla passa il segno. I suoi scherzi diventano impertinenze).

Vittoria. (Si è riscaldata bene la signora Giacinta. Per una parte ha ragione, ma lo ha strapazzato un po’ troppo).

Guglielmo. (Povero Ferdinando! Egli non capisce dove vanno a ferire le sue parole. Tol di mezzo per causa mia).

Ferdinando. (Non voglio espormi a soffrir di peggio). Con licenza di lor signore. (s’alza)