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292 ATTO SECONDO


mangio quand’ho fame, dormo quando ho sonno, mi diverto quando ne ho volontà. E non bado; non bado. E a che cosa s’ha da badare? Ah, ah, ah, è tutt’uno! non ci s’ha da badare. (ridendo)

Fulgenzio. Il cielo vi benedica: voi avete un bellissimo temperamento. Felici quelli che sanno prendere le cose come voi le prendete.

Bernardino. È tutt’uno, è tutt’uno. Non ci s’ha da badare. (ridendo)

Fulgenzio. Sono venuto ad incomodarvi per una cosa di non lieve rimarco.

Bernardino. Caro signor Fulgenzio, sono qui, siete padrone di me.

Fulgenzio. Amico, io vi ho da parlare del signor Leonardo vostro nipote.

Bernardino. Del signor Marchesino? Che fa il signor Marchesino? Come si porta il signor Marchesino?

Fulgenzio. Per dir la verità, non ha avuto molto giudizio.

Bernardino. Non ha avuto giudizio? Eh capperi! Mi pare che abbia più giudizio di noi. Noi fatichiamo per vivere stentatamente; ed ei gode, scialacqua, tripudia, sta allegramente: e vi pare ch’ei non abbia giudizio?

Fulgenzio. Capisco che voi lo dite per ironia, e che nell’animo vostro lo detestate, lo condannate.

Bernardino. Oh! io non ardisco d’entrare nella condotta dell’illustrissimo signor marchesino Leonardo. Ho troppo rispetto per lui, per il suo talento, per li suoi begli abiti gallonati. (ironico)

Fulgenzio. Caro amico, fatemi la finezza, parliamo un poco sul serio.

Bernardino. Sì, anzi; parliamo pure sul serio.

Fulgenzio. Vostro nipote è precipitato.

Bernardino. È precipitato? È caduto forse di sterzo? I cavalli del tiro a sei hanno forse levato la mano al cocchiere?

Fulgenzio. Voi ridete, e la cosa non è da ridere. Vostro nipote ha tanti debiti, che non sa da qual parte scansarsi.

Bernardino. Oh! quando non c’è altro mal, non è niente. I debiti non faranno sospirar lui, faranno sospirare i suoi creditori.