Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1914, XIX.djvu/304

290 ATTO SECONDO

Vittoria. Se non avessi amore per voi, non m’inquieterei per la vostra freddezza, e non vi darei tanti stimoli per sollecitare la scritta.

Guglielmo. Dite d’amarmi, e in faccia mia preferite un altro?

Ferdinando. Ehi! amico, sareste per avventura di me geloso?

Vittoria. Non credo mai che vi venissero in capo di tai pensieri. (a Guglielmo)

Guglielmo. Io non penso fuor di ragione; e mi persuado di quel ch’io vedo.

Vittoria. Signor Guglielmo, parlatemi con sincerità.

Guglielmo. Io non vi posso parlare in miglior modo di quel che vi faccio. Dicovi che questo è un torto che voi mi fate, e che non mi credeva di meritarlo.

Vittoria. (Mi ama dunque più di quello ch’io supponeva).

Ferdinando. Signori, se io ho da esser d’incomodo, me ne vado immediatamente.

Guglielmo. No, no, restate pure; e servite la signora Vittoria.

Vittoria. No, caro signor Guglielmo, non prendete la cosa in sinistra parte. Vi chiedo scusa se ho potuto spiacervi. Vi amo colla maggior tenerezza del mondo. Ho da essere vostra sposa, e da voi solo vogl’io dipendere. Verrò con voi dalla signora Giacinta. Tralascierò d’andarvi, se pur piace.

Guglielmo. Il nostro debito ci sprona egualmente a quest’atto di convenienza.

Vittoria. Andiamoci dunque immediatamente. Scusi, signor Ferdinando, s’io non mi prevalgo delle sue grazie.

Ferdinando. Si serva pure. Per me sono indifferente.

Guglielmo. Il signor Ferdinando favorirà di venir con noi.

Vittoria. Ma non c’è bisogno....

Guglielmo. Sì, signora, ce n’è bisogno per quella massima di onestà, di decoro, che io ho suggerita, e che voi avete approvata.

Ferdinando. Sicchè dunque io ho da servire di comodino.

Vittoria. Ah! signor Guglielmo, se è ver che mi amate....

Guglielmo. Via, andiamo prima che si avvicini l’ora del pranzo.