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22 ATTO PRIMO


Vittoria. Sì, sì, è vero; in campagna questi caratteri sono necessari. Ma che fa, che non viene?

Leonardo. Eccolo lì, ch’esce dalla cucina.

Vittoria. Che cosa sarà andato a fare in cucina?

Leonardo. Curiosità. Vuol saper tutto. Vuol saper quel che si fa, quel che si mangia, e poi lo dice per tutto.

Vittoria. Manco male, che di noi non potrà raccontare miserie.

SCENA V.

Ferdinando e detti.

Ferdinando. Padroni miei riveriti. Il mio rispetto alla signora Vittoria.

Vittoria. Serva, signor Ferdinando.

Leonardo. Siete, amico, siete dei nostri?

Ferdinando. Sì, sarò con voi. Mi sono liberato da quel seccatore del conte Anselmo, che mi voleva seco per forza.

Vittoria. Il conte Anselmo non fa una buona villeggiatura?

Ferdinando. Sì, si tratta bene, fa una buona tavola; ma da lui si fa una vita troppo metodica. Si va a cena a quattr’ore, e si va a letto alle cinque.

Vittoria. Oh! io non farei questa vita per tutto l’oro del mondo. Se vado a letto prima dell’alba, non è possibile ch’io prenda sonno.

Leonardo. Da noi sapete come si fa. Si giuoca, si balla; non si va mai a cena prima delle otto; e poi col nostro carissimo faraoncino il più delle volte si vede il sole.

Vittoria. Questo si chiama vivere.

Ferdinando. E per questo ho preferito la vostra villeggiatura a quella del conte Anselmo. E poi quell’anticaglia di sua moglie è una cosa insoffribile.

Vittoria. Sì, sì, vuol fare ancora la giovinetta.

Ferdinando. L’anno passato, i primi giorni sono stato io il ca-