Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
274 | ATTO PRIMO |
nel cuore. Povera me! Sconto bene il piacere della villeggiatura. Meglio per me ch’io non ci fossi nemmeno andata! (parte)
SCENA V.
Camera in casa di Filippo.
Giacinta e Brigida.
Brigida. Via, via, signora padrona, non pensi tanto. Si diverta, stia allegra. Avverta bene, che la melanconia fa de’ brutti scherzi.
Giacinta. A me non pare presentemente di essere melanconica, anzi sono così contenta, che non mi cambierei con una regina. Dopo che non vedo colui, mi pare di essere rinata. Sto così bene, che non sono mai stata meglio.
Brigida. Perdoni, non vorrei equivocare; per colui chi intende ella dire?
Giacinta. Che sciocca difficoltà di capirmi! Non si sa, che quando dico colui, m’intendo di dire di Guglielmo?1
Brigida. (Io tremava che dicesse colui allo sposo).
Giacinta. Non ho ragione di parlar di lui con disprezzo, con astio, con villania? Potea far peggio di quel che ha fatto? Tirarmi giù a tal segno? Innamorarmi sì pazzamente? Che vita miserabile non ho io menato per causa sua? Che spasimi, che timori non mi ha egli fatto provare? Non ho goduto un’ora di bene. Ha principiato a insidiarmi sino dal primo giorno. Ah! con qual arte si è egli insinuato nell’animo mio, nel mio cuore! Che artifiziose parole! Che sguardi languidi traditori! Che studiate attenzioni! E come sapea trovare i momenti per esser meco a quattr’occhi, e che soavi termini sapeva egli trovare, e con che grazia li pronunciava! (con passione)
Brigida. (Oh! non ci pensa più, me n’accorgo). (ironica)
- ↑ Così l’ed. Pasquali. Nell’ed. Zatta: m’intendo di dire Guglielmo