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264 | ATTO PRIMO |
Leonardo. E da chi?
Cecco. È un giovane che ha una polizza in mano. Credo sia il giovane del droghiere.
Leonardo. Perchè non dirgli ch’io non ci sono?
Cecco. Gliel’ho detto ieri e l’altr’ieri, com’ella mi ha comandato: ma vedendolo venire tre o quattro volte il giorno, è meglio ch’ella lo riceva, e lo spicci poi come vuole.
Leonardo. Va, digli che ho dato ordine a Paolino che saldi il conto. Che aspettasi a momenti da Montenero, e subito che sarà ritornato, lo salderà.
Cecco. Sì, signore. (parte)
Leonardo. Ah! le cose mie vanno sempre di male in peggio. Quest’anno poi la villeggiatura mi è costata ancor più del solito.
Cecco. Signore, è qui quello della cera.
Leonardo. Ma bestia, perchè non dirgli che non ci sono?
Cecco. Ho detto (secondo il solito): vedrò se c’è, non so se ci sia; ed egli ha detto: se non c’è, ho ordine di aspettarlo qui fin che torna.
Leonardo. Questa è un’impertinenza. Digli che lasci il conto che manderò al negozio a pagarlo.
Cecco. Benissimo, glielo dirò. (parte)
Leonardo. Pare che costoro non abbiano altro che fare; pare che non abbiano pan da mangiare. Sono sempre coll’arco teso a ferire il cuore de’ galantuomini che non hanno con che pagare.
Cecco. Anche questi se n’è andato poco contento, ma se n’è andato. Ecco il conto. (dà il conto a Leonardo)
Leonardo. Sieno maledetti i conti. (straccia il conio)
Cecco. (Conto stracciato, debito saldato).
Leonardo. Va un po’ a vedere dal signor Filippo, se fossero per avventura arrivati.
Cecco. La servo subito. (parte)
Leonardo. Sono impazientissimo. In primo luogo per l’amore ch’io porto a quell’ingrata, a quella barbara di Giacinta;