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notamment dans les Rustres et dans la Maison neuve. Il devait plus tard amplifier ces ébauches et les fondre en un type plus général, celui du Bourru bienfaisant» (l. c, p. 163). Soltanto si badi che i Rusteghi e la Casa nova appartengono al 1760 e sono quindi coetanei dell’Ecossaise.

Quanto alla fortuna della Scozzese goldoniana, può apparire immeritata ai posteri. È vero che Carlo Gozzi e il Baretti la mettevano in compagnia delle Pamele, dei Filosofi inglesi, delle Spose persiane e delle altre «commedie romanzesche... piene di assurdi, d’immodestie, incoltissime, e scritte con una goffa stomachevole locuzione» (C. Gozzi, Opere cit., XIV, pp. 85 e 121); ma proprio in nome della morale sorgeva a difenderla nel 1828 lo Schedoni esclamando: «Che aurei caratteri quelli di Milord Transich [sic], del mercante Friport, e di Fabrizio locandiere! L’onestà di ciascuno dee conseguire L’oggetto de’ suoi voti; l’ottiene. Questa Commedia è un modello di perfezione» (Principii morali del teatro ecc., Modena, 1828, p. 42). Dieci anni prima, questo elogio dettava il Gherardini: «L’Ecossaise del Voltaire fu trasportata sul teatro italiano da parecchi scrittori; ma le loro traduzioni, appena uscite in luce, furono condannate dai fischi del Pubblico all’obblio; soltanto la Scozzese del Goldoni, comechè fosse l’ultima a comparire, ottenne quella corona che ancora adesso conserva tutto il suo verde. Ciò ben dimostra che, sebbene lo scrittore drammatico lavori sopra un disegno altrui, gli avanza ancor molto da fare del suo, egli ha pur sempre libero il campo a dar prova del suo valore in tutte le parti accessorie alla favola; e il trattar queste ingegnosamente può tanto valere per avventura, quanto il merito dell’invenzione (Componimenti drammatici, Milano, Giusti, 1818, pp. 154-155). — Con poche altre commedie del Goldoni l’accoglieva nel 1799 il Teatro moderno applaudito nel t. 35 (l’anonimo autore delle Notizie storico-critiche, aggiunte in fine della commedia, fa prima l’analisi dell’Ecossaise, atto per atto, lodando senza misura e confessando di aver versato lagrime sul tenero dramma di Lindane; ma approva poi le modificazioni introdotte dal commediografo veneziano); l’accolse il Bettoni nella sua Scelta, nel 1811 (Padova); l’accolse R. Zotti nel 1822, nel Teatro italiano (o sia Scelta di commedie) stampato a Londra; e finalmente il Cameroni nel 1858 le fece posto fra i sessanta Capolavori di C. G. (Trieste). Non ebbe l’onore, è vero, d’una versione tedesca, ma nel 1838 uscì in Atene tradotta in lingua greca da Giovanni Karatza, ex-principe valacco, insieme con la Locandiera, col Burbero, con gli Innamorati, con la Finta ammalata e con la Moglie saggia (v. Maddalena, La fortuna della «Locandiera», estr. dalla Rivista d’Italia, nov. 1907, p. 737).

Tornò più d’una volta sulle scene, a Venezia e fuori. La sera 2 luglio 1778 fu recitata al teatro Cocomero di Firenze dalla compagnia Rossi, col titolo La Scozzese in Londra (v. Rasi, Comici italiani, vol. I, P. 2, Firenze 1899, p. 703). Credo che del Goldoni fosse la Scozzese recitata nello stesso anno da una Accademia letterario-drammatica Veneta (v. Cod. Cicogna 2999 presso il Museo Civico di Venezia). Certo era sua quella recitata ai 19 gennaio 1813 nel teatro di S. Benedetto a Venezia dalla Compagnia Reale dei Comici Italiani, ai 20 dic. 1815 dalla compagnia Blanes e Pellandi (caratterista il Vestri. Annetta Pellandi primeggiava nella parte di Lindana: Rasi, l. c, p. 920) e ai 20 ott. 1820 dalla compagnia di Giacomo Modena (v. Gaz-