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NOTA STORICA
Il 3 agosto del 1760 d’Alembert scriveva a Voltaire: «L’Ecossaise a eu un succès prodigieux; j’en fais mon compliment a l’auteur. Hier, à la quatrième représentation, il y avait plus de monde qu’à la première». E ai 2 settembre: «L’Ecossaise a été bravement et avec affluente jusqu’ à la seizième représentation. On assure que les comédiens la reprendont cet hiver». La commedia che Voltaire confessava di aver sgorbiato «en moins de huit jours» (lettera a d’Argental) era stata prima stampata a Ginevra con questo titolo: Le Café ou l’Ecossaise, comédie en cinq actes et en prose, traduite de l’anglais de Hume par Jérôme Carré, 1760. Fu recitata la prima volta a Parigi la sera del 26 luglio dal grande attore Préville e dalla Gaussin; e alla sua fortuna contribuì, com’è noto, lo scandalo. La satira personale o, come qualcuno credeva, aristofanesca, trionfava sul teatro più che mai: la caricatura di Fréron nella Scozzese era anche una vendetta dei signori filosofi, derisi sulla scena pochi mesi innanzi da Palissot (v. specialmente G. Desnoiresterres, La comédie satirique au XVIIIe siecle, Paris, 1885, cap. 3).
Ma si continuò a recitare la commedia molti anni dopo, quando ormai la satira era svanita e i difetti della creazione apparivano più chiari agli occhi dei critici. «L’Ecossaise est evidemment une ébauche faite a la hàte: tout y ressent la précipitation et la nègligence» giudicava La Harpe. Sopraggiunta la Rivoluzione, scomparve dal palcoscenico e restò sepolta fra i molti volumi di Voltaire, oggetto di curiosità per gli studiosi. «Une mauvaise comédie qu’ on ne lit plus» concludeva nel 1888 il Lenient (La comédie en France au XVIIIe siecle, Paris, t. II, 79); ed Emilio Deschanel ribadiva la sentenza. Più di recente Eugenio Lintilhac riprese in esame con benevolenza l’Ecossaise e trovò nel primo atto «une exposition excellente... Les autres actes tiennent les promesses du premier. L’intérêt y est adroitement filé et va en croissant». Scoperse insomma nel tentativo di Voltaire «la comédie pittoresque» vagheggiata dal Diderot; «le drame populaire» che bisogna ben distinguere dalla comédie larmoyante e dal drame romantique. «Nous conclurons donc que le drame populaire, avec tout son personnel, son mélange de pathétique et de bouffonnerie, son romanesque dans l’intrigue et son réalisme dans la mise en scène, avec sa justice finale si rigoureusement et inévitablement distributive, a eu, historiquement, sa première formule dans l’Ecossaise» (Conférences dramatiques, Paris, 1898, p. 281).
In Francia questo si può forse affermare («A vrai dire, il ne convieni pas d’exagérer l’importance de l’Ecossaise, comme manifeste littéraire» ammonisce F. Gaiffe, Le drame en France au XVIIIe siecle, Paris, 1910, p. 159); ma in Italia, senza nulla togliere al merito di Voltaire, il dramma pittoresco e popolare contava almeno dieci anni, dal tempo della Putta onorata e della Pamela di Carlo Goldoni. Il Voltaire, si badi bene, non chiese a prestito nè una scena, né una riga al Goldoni: anzi un confronto tra l’arte del superbo patriarca di Ferney e quella dell’umile commediografo veneziano non serve che a far spiccare