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18 ATTO PRIMO


Paolo. Ella è padrona di mandarmi via; ma io, se parlo, parlo per l’amore che le professo.

Leonardo. Impiegate il vostro amore a servirmi, e non a seccarmi. Fate quel che vi ho detto, e mandatemi Cecco.

Paolo. Sarà obbedita. (Oh! vuol passar poco tempo, che le grandezze di villa lo vogliono ridurre miserabile nella città). (parte)

SCENA II.

Leonardo, poi Cecco.

Leonardo. Lo veggo anch’io, che faccio più di quello che posso fare; ma lo fanno gli altri, e non voglio esser di meno. Quell’avaraccio di mio zio potrebbe aiutarmi, e non vuole. Ma se i conti non fallano, ha da crepare prima di me, e se non vuol fare un’ingiustizia al suo sangue, ho da esser io l’erede delle sue facoltà.

Cecco. Comandi.

Leonardo. Va dal signor Filippo Ghiandinelli; se è in casa, fagli i miei complimenti, e digli che ho ordinato i cavalli di posta, e che verso le ventidue partiremo insieme. Passa poi all’appartamento della signora Giacinta di lui figliuola; dille, o falle dir dalla cameriera, che mando a riverirla, e ad intendere come ha riposato la scorsa notte, e che da qui a qualche ora sarò da lei. Osserva frattanto se vi fosse per avventura il signor Guglielmo, e informati bene dalla gente di casa, se vi sia stato, se ha mandato, e se credono ch’ei possa andarvi. Fa bene tutto, e torna colla risposta.

Cecco. Sarà obbedita. (parte)

SCENA III.

Leonardo, poi Vittoria.

Leonardo. Non posso soffrire che la signora Giacinta tratti Guglielmo. Ella dice che dee tollerarlo per compiacere il padre; che è un amico di casa, che non ha veruna inclinazione per