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238 ATTO QUARTO

Friport. Oh! siete voi di quelli che sentono la differenza dei climi? A me si confanno tutte le arie; io sto ben da per tutto. Mangio, bevo, dormo, fo le faccende mie egualmente in Londra, in Ispagna, nell’America, e dove mi trovo.

Conte. Felice voi, che avete sì buon temperamento.

Friport. Venite qua; prendete meco il caffè.

Conte. Lo prenderò volentieri. (il servitore si accosta per servirlo)

Friport. Andate via: non ho bisogno di voi. (il servitore parte. Friport versa il caffè e Io porge al Conte.)

Conte. Vien gente, mi pare. (colla tazza in mano)

Friport. Lasciate che vengano.

Conte. Scusatemi. (s’alza colla tazza in mano)

Friport. Di che avete paura?

Conte. In quella stanza crediamo noi che ci sia nessuno? (accenna una camera in fondo.)

Friport. Quando è aperta, non ci dovrebbe esser nessuno.

Conte. Permettetemi ch’io goda la mia libertà: son così fatto. Son zotico, lo conosco; scusatemi. (Mi trema la mano, mi trema il cuore). (parte1)

SCENA XI.

Friport, poi Miledi Alton.

Friport. È originale. Non può vedere nessuno. (va prendendo il suo caffè)

Miledi. (Credo sia questi il signor Friport. Ai segni che mi hanno dati, son quasi certa di non ingannarmi. Vo’ sapere da lui chi sia l’incognita ch’egli protegge).

Friport. (Scommetto che in tutta Londra non si dà il caffè sì ben fatto). (senza badare a Miledi)

Miledi. Signore. (a Friport)

Friport. (Si cava un poco il cappello senza alzarsi, e beve.)

Miledi. Voi non mi conoscete.

Friport. Non mi pare.

  1. Manca la didascalia nelle principali edizioni.