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LE SMANIE PER LA VILLEGGIATURA 17


Leonardo. Io non ho bisogno che il mio cameriere mi venga a fare il pedante.

Paolo. Perdoni; non parlo più.

Leonardo. Nel caso in cui sono, ho da eccedere le bisogna. Il mio casino di campagna è contiguo a quello del signor Filippo. Egli è avvezzo a trattarsi bene; è uomo splendido, generoso; le sue villeggiature sono magnifiche, ed io non ho da farmi scorgere, non ho da scomparire in faccia di lui.

Paolo. Faccia tutto quello che le detta la sua prudenza.

Leonardo. Andate da monsieur Gurland, e pregatelo per parte mia, che mi favorisca prestarmi due coltelliere, quattro sottocoppe, e sei candelieri d’argento.

Paolo. Sarà servita.

Leonardo. Andate poscia dal mio droghiere, fatevi dare dieci libbre di caffè, cinquanta libbre di cioccolata, venti libbre di zucchero, e un sortimento di spezierie per cucina.

Paolo. Si ha da pagare?

Leonardo. No, ditegli che lo pagherò al mio ritorno.

Paolo. Compatisca; mi disse l’altrieri che sperava, prima che ella andasse in campagna, che lo saldasse del conto vecchio.

Leonardo. Non serve. Ditegli che lo pagherò al mio ritorno.

Paolo. Benissimo.

Leonardo. Fate che vi sia il bisogno di carte da giuoco con quel che può occorrere per sei o sette tavolini, e soprattutto che non manchino candele di cera.

Paolo. Anche la cereria di Pisa, prima di far conto nuovo, vorrebbe esser pagata del vecchio.

Leonardo. Comprate della cera di Venezia. Costa più, ma dura più, ed è più bella.

Paolo. Ho da prenderla coi contanti?

Leonardo. Fatevi dare il bisogno; si pagherà al mio ritorno.

Paolo. Signore, al suo ritorno ella avrà una folla di creditori che l’inquieteranno.

Leonardo. Voi m’inquietate più di tutti. Sono dieci anni che siete meco, e ogni anno diventate più impertinente. Perderò la pazienza.