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LA SCOZZESE 235


tutti per render vane le cure dell’amor mio. Ed io seguirò dunque ad amarla? Non cercherò di staccarmela dalla memoria e dal seno? Ah! una stilla di quell’odio ch’ebbe il padre mio per la sua famiglia, basterebbe a farmi estinguere la mia passione. Ma oh dei! la pietà è il mio sistema; ed è troppo in me radicato l’amore. Stelle! A che son io qua venuto? A piangere o a rimproverarla? Non lo comprendo io medesimo. Il cuore mi ci ha condotto, e il piede ha seguitato le traccie della mia passione. Oimè! si apre la camera di quell’ingrata. Il sangue mi si gela nel petto: pavento de miei trasporti. Veggiam chi n’esce; prendiamo tempo a risolvere. (si ritira)

SCENA VI.

Lindana e Marianna.

Marianna. Andiamo, signora mia, andiamo fuori di questa casa. Qui non siamo sicure.

Lindana. Oh cieli! non so quel che mi faccia. Parlo, e non mi capisco da me medesima. M’incammino, e non so per dove. Sono in pericolo nelle mie stanze: lo accresco, se all’altrui vista mi espongo. Mi abbandona Fabrizio; tu sola mi animi, tu mi consigli, tu incauta, tu sciagurata, che mi hai per imprudenza precipitata!

Marianna. Ammazzatemi per carità, ma non mi rimproverate d’avvantaggio. Son così afflitta, sono a tal segno mortificata.... (piange)

Lindana. Ah! chetati, s’è ver che mi ami: compatisci le smanie d’un cor perduto. Non condanno la tua fedeltà, ma la soverchia tua confidenza. E questa ancora è degna di qualche scusa. Ti fidasti di milord Murrai, di cui io medesima mi son fidata. Chi mai avrebbe creduto che l’uomo perfido, menzognero, celasse l’antico sdegno sotto la maschera dell’amore, e mi strappasse dal labbro la sicurezza dell’esser mio, non per altro che per tradirmi? Ah! Murrai, tu assassinarmi? Tu darmi in braccio della Giustizia?