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16 | ATTO PRIMO |
Leonardo. Quest’è il difetto di mia sorella. Non si contenta mai. Vorrebbe sempre la servitù occupata per lei. Per andare in villeggiatura non le basta un mese per allestirsi. Due donne impiegate un mese per lei. È una cosa insoffribile.
Paolo. Aggiunga, che non bastandole le due donne, ne ha chiamate due altre ancora in aiuto.
Leonardo. E che fa ella di tanta gente? Si fa fare in casa qualche nuovo vestito?
Paolo. Non signore. Il vestito nuovo glielo fa il sarto. In casa da queste donne fa rinnovare i vestiti usati. Si fa fare delle mantiglie, dei mantiglioni, delle cuffie da giorno, delle cuffie da notte, una quantità di forniture di pizzi, di nastri, di fioretti, un arsenale di roba; e tutto questo per andare in campagna. In oggi la campagna è di maggior soggezione della città.
Leonardo. Sì, è pur troppo vero, chi vuol figurare nel mondo, convien che faccia quello che fanno gli altri. La nostra villeggiatura di Montenero è una delle più frequentate, e di maggior impegno dell’altre. La compagnia, con cui si ha da andare, è di soggezione. Sono io pure in necessità di far di più di quello che far vorrei. Però ho bisogno di voi. Le ore passano, si ha da partir da Livorno innanzi sera, e vo’ che tutto sia lesto, e non voglio che manchi niente.
Paolo. Ella comandi, ed io farò tutto quello che potrò fare.
Leonardo. Prima di tutto, facciamo un poco di scandaglio di quel che c’è, e di quello che ci vorrebbe. Le posate ho timore che siano poche.
Paolo. Due dozzine dovrebbero essere sufficienti.
Leonardo. Per l’ordinario lo credo anch’io. Ma chi mi assicura che non vengano delle truppe d’amici? In campagna si suol tenere tavola aperta. Convien essere preparati. Le posate si mutano frequentemente, e due coltelliere non bastano.
Paolo. La prego perdonarmi, se parlo troppo liberamente. Vossignoria non è obbligata di fare tutto quello che fanno i marchesi fiorentini, che hanno feudi, e tenute grandissime, e cariche, e dignità grandiose.